LETTERA DELL’ ARCIVESCOVO A UNA VITTIMA DI USURA

Arcivescovo Vincenzo Pelvi

Carissimo/a,

ti saluto con la sacra parola: “Sei nel mio cuore… Dio mi è testimone del profondo affetto che ho per te” (Fil 1,7).

Da tempo desideravo entrare in casa tua e chiederti: come stai? Capisco la tristezza, quell’impazzimento scaturito dalla solitudine: ricordi e progetti belli, sogni e speranze da cui la schiavitù dell’usura ti ha allontanato per la delusione e l’assenza di chi da sempre ami e che non ti è permesso abbracciare neppure per un istante.

Ti ritrovi aggressivo, ferito nelle emozioni, con l’intelligenza offuscata dal dubbio, disperato e istintivo.

Cammini così nell’incerto, all’ombra del tuo volto sfigurato, lottando tra l’esigenza di appartenenza che caratterizza l’essere umano e quella erranza che spinge al non ancora sperimentato.

Perché lacrime e sangue dovranno scorrere sul tuo corpo infuriato? L’affanno e la paura non potranno nascondere le pagine bianche del tuo sentire.

Taci con i tuoi pensieri contorti, trattieni e lanci sguardi imploranti un’elemosina di pace, in cerca di qualcuno che metta ordine nella tua storia tumultuosa.

Il Signore è con te. Non c’è bisogno di dirtelo. Egli resta il confidente del tuo silenzio, respira in te, si presenta come il samaritano buono che soccorre il fratello derubato dai nuovi briganti.

La tua ferita può guarire, perché la grazia divina respira anche in una esistenza dove agonizza la nostalgia del bene. Mi stai a cuore con il tuo soffrire… puoi cambiare. Decidi con l’aiuto di uscire dal buio per ritrovare te e la tua famiglia.

La Fondazione “Buon Samaritano” apre la porta del futuro, anche quando davanti c’è così poco da vedere. Non temere… prova solo a dare fiato alla tua voglia di libertà.

 

tuo

+ Vincenzo